Ogni terapeuta sa che, nonostante l’efficacia di strumenti come l’EMDR, ci sono momenti in cui il percorso di terapia può diventare complesso. Hai mai provato l’incertezza di non sapere come procedere con un paziente, con il timore di compiere un passo falso? Ti sei trovatə a fare i conti con la vergogna o il senso di colpa per interventi che non sembrano produrre i risultati sperati? O forse ti sei percepitə così autocriticə da sentirti bloccatə, intrappolatə nella sensazione di non essere mai abbastanza? Sono proprio questi i momenti in cui il senso di isolamento può diventare particolarmente forte.

Come terapeutə, è facile cadere nella trappola di concentrarsi unicamente su ciò che non funziona, criticandoci per quello che non sappiamo, per gli errori commessi, dimenticandoci dei numerosi progressi che abbiamo facilitato nei nostri pazienti e dell’impegno che mettiamo nel navigare spesso in acque inesplorate. Questa tendenza all’autocritica rischia di trasformare il nostro lavoro in una fonte di frustrazione, sottraendoci energia vitale, non solo come professionistə.

Essendo esseri umani mossi da molteplici motivazioni, la nostra storia personale inevitabilmente influenza il modo in cui viviamo il nostro ruolo terapeutico. Imparare a riconoscere e accogliere con compassione i nostri processi interni, così come i Sistemi Motivazionali che si attivano nella relazione terapeutica, può aiutarci a sciogliere i blocchi e a ritrovare un senso di connessione e gratitudine verso noi stessə e il nostro lavoro.